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La musica notturna nell'opera di Benjamin Britten

di Nicholas Rocca -

Nel 1934, quando pubblica con la casa musicale londinese Boosey & Hawkes Night, movimento conclusivo della suite per pianoforte Holiday Diary Op.5, Benjamin Britten (1913-1976) è un giovanissimo compositore, con bagagli colmi di partiture alle spalle, ma solo una manciata di lavori pubblicati. Questo morceau pianistico di notturna luce rarefatta sarà il primo saggio di un’affezione-ossessione verso la figura della notte e le sue emanazioni. Un consulto al catalogo musicale lasciato dal compositore inglese rivela la assidua presenza di notturni, lullabies e riferimenti ad atmosfere crepuscolari in lavori sinfonici, cicli liederistici, nel teatro musicale e nelle opere per strumento solo.

La seconda parte degli anni trenta è caratterizzata dalla stretta collaborazione tra il musicista e il poeta anglo-americano Wystan Hugh Auden, che sarà una grande influenza per le convinzioni estetiche e politiche di Britten. Dell’ampia rosa di opere che nacque dalla loro collaborazione (di cui si segnala almeno la Poem Sequence del documentario Night Mail per il General Post Office) fa parte un ciclo di lieder dal titolo On this Island Op. 11. Il Nocturne che troviamo come quarto lied dell’opera, d’aura schubertiana, esordisce con un cullante accompagnamento pianistico che sostiene melodiose duine, coacervo di immagini notturne contrastanti; la calma carezzante dell’oscurità (through night’s caressing grip) e le speranze che vengono affidate alla notte (May sleep’s healing power extend/Through these hours to our friend) si scontrano con immagini di scadimento (And the losing gambler gains/And the beggar entertains) e terrore (Traction engine, bull or horse/Or revolting succubus), sostenute dalle sottolineature armoniche dello strumento.

Se la notte di On this Island è ancora, pur venata dal timore, “uno stato previo; non è ancora il giorno, ma lo promette e lo prepara” (J. E. Cirlot, Dizionario dei simboli), con la Serenade Op.31 del 1943 e con il Nocturne Op.60 del 1960 - florilegio di testi poetici di atmosfera notturna selezionati dal compositore - questa viene screziata da sfumature sempre più cupe. Il luminoso incipit del Nocturne dell'Op.31, su testo di Alfred Tennyson, si risolve nell’invito a sprizzare suoni e poi diradarsi, in un lungo morendo intonato dal corno obbligato previsto in partitura (Bugle, blow, answer, echoes, answer, dying); mentre nel funereo Dirge, in cui il tenore scandisce una passacaglia piena di cromatismi, su cui l’orchestra si muove avanzando con contrappunti variati, l’immagine della morte si palesa in maniera evidente (This ae nighte, this ae nighte,/Every nighte and alle,/Fire and fleet and candle‑lighte,/And Christe receive thy saule).

Il Nocturne Op.60, opera della piena maturità del compositore, viene attraversato dalle più varie divagazioni sul tema notturno. L’opera, che prevede la presenza di sette strumenti obbligati, che si alternano come solisti nei vari movimenti, si chiude con il sonetto LXIII di Shakespeare (When most I wink, then do mine eyes best see), dove l’orchestra si ricompone e tutti gli strumenti solisti partecipano alla chiusura della composizione; il sonetto, accompagnato da moti orchestrali descrittivi, è pieno di immagini ossimoriche legate al contrasto tra luce e buio (darkly bright, whose shadow shadows doth make bright) e ci indica la notte dei sogni come isola felice e illusoria, in contrasto con la veglia piena di dolore amoroso (All days are nights to see till I see thee,/And nights bright days when dreams do show thee me).

Incastonata negli ultimi versi del sonetto di Shakespeare, si illumina un’espressione, "heavy sleep", che rimanda istantaneamente alla song di John Dowland Come, Heavy Sleep, ispirazione e origine delle variazioni che compongono il Nocturnal after John Dowland Op.70 del 1963. Questo lavoro per chitarra sola, insieme al Night Piece per pianoforte dello stesso anno e al Nocturne dalla Suite in C major Op.83 per arpa del 1969, è segno di una svolta per cui il tema notturno non viene più affidato alla potenza espressiva della voce e dei poemi da essa intonati, ma al mistero e all’intimità dello strumento solo, in un ripiegamento che tradisce l’incupirsi della figura della notte nell’universo del musicista. Nel Night Piece e nel Nocturne dall’Op.83 emerge l’ispirazione chopiniana, con il pezzo per pianoforte (scritto in occasione dell’edizione inaugurale del Leeds Piano Competition) che può essere accostato formalmente e espressivamente ai celebri Notturni del compositore polacco e il brano per arpa che trova affinità con la Berceuse nella reiterazione ossessiva dell’accompagnamento e nel melismare della melodia.

Gli abissi più profondi della relazione tra la figura della notte e la morte vengono solcati dal compositore con il Nocturnal per chitarra, dove il musicista rispolvera la forma strumentale già utilizzata in Lachrymae Op.48. In questo precedente lavoro per viola e pianoforte, sempre ispirato ad un’opera del compositore John Dowland, il tema della canzone del liutista elisabettiano emerge epifanicamente tra le trame delle variazioni intessute da Britten. Nel Nocturnal il processo viene intensificato e la melodia di Come, Heavy Sleep viene scomposta e nascosta nelle sette variazioni e nella passacaglia che precedono la rivelazione del song. Le parole che Charles Rosen scrive sulla Fantasia op. 17 di Schumann risultano calzanti anche per il movimento conclusivo del capolavoro di Britten:«riconosciamo [la melodia] sì come buona parte del materiale già sentito, ma si presenta come un tema inedito». Il song viene proposto in forma completa, ma le parole non sono questa volta esplicitate dalla voce e piuttosto lasciate intendere dall’enigmatico canto dello strumento. Riecheggiano misteriosamente, rivelati ma non pronunciati, i versi di Dowland: Come heavy sleep,/The image of true death;/And close up/These my weary weeping eyes […]/Come ere my last sleepe comes/Or come never.

Il sottile modificarsi della figura della notte nell’immaginazione di Benjamin Britten e il suo riflesso nel catalogo musicale del compositore inglese, che percorre 35 anni di carriera dagli esordi agli ultimi lavori, ci restituisce un’importante chiave di comprensione della sua attività artistica e ci dona la possibilità di indagare un tema esistenziale inesauribile attraverso la lente di uno dei più importanti compositori del Novecento.

Britten

Nicholas Rocca

Nicholas
Rocca

Nato a Lecco nel 1996, si diploma in chitarra con il massimo dei voti e lode al Conservatorio di Bergamo e al Conservatorio di Vicenza. Si è esibito come solista e camerista in Sala Piatti a Bergamo, Auditorium «Arvedi» del Museo del Violino di Cremona, Sale Panoramiche del Castello Sforzesco a Milano, Palazzo Leoni-Montanari - Gallerie d'Italia di Vicenza [...]. Per la rivista specialistica «il Fronimo» pubblica in tre parti Homenaje di Manuel de Falla. Contesto, genesi e analisi. Collabora come autore con il portale classicalive.it.

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