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Maria Gabriella Mariani

Bologna
Fondazione Istituto Liszt Onlus [Mappa]
domenica 23 febbraio 2025
ore 17:00

Programma

Franz Liszt
Sonata per Pianoforte in Si minore, S.178
Mephisto Waltz No.1, S.514
Mephisto Waltz No.2, S.515

Artisti

Rassegna

Fondazione Istituto Liszt 2024/2025

Informazioni

BIGLIETTI

Angeli e demoni angosciano ed esaltano, ieri come oggi, e sono per questo fonte di sgomento e di creatività. Nella Sonata, costruzione monumentale, tutto diventa simbolo, mito e al contempo innovazione: dalla tonalità di impianto, alla dedica a Schumann, dalla forma ciclica all’uso del virtuosismo in chiave sinfonica. Il Mephistofele di Liszt ha poco a che fare con quello di Goethe: non è fuori di noi, sparso nelle mille tentazioni della società che ci lusinga; è dentro di noi, subdolo, micidiale. Desolante la riproposizione della seconda idea in si maggiore, fino alla scabra conclusione che vuol essere una ineludibile, eroica resa.
Diversi i due valzer nonché differenti tra loro: descrittivo il primo, con un Mephistofele scanzonato, occhi ardenti, sorriso sardonico: più che condurre alla perdizione pare invitare a una veniale evasione. Accorda il suo violino, balla, giunge a velocità vertiginose, assillato dal un virtuosismo di maniera che coincide con l’inevitabile superamento dell’io. Le lusinghe del secondo tema sono vezzose, la ripresa si conclude con una fragorosa chiusa cromatica, più roboante che preoccupante.
Nel secondo, più enigmatico, la scelta dell’incipit è una dichiarazione di poetica: la tonalità è un si dalla modalità incerta, l’intervallo di quarta eccedente forma un tritono, diabolus in musica. E su questi e altri spunti iniziatici Liszt crea un demone dall’insana smania, che si traduce in un male oscuro contro cui è difficile combattere. Mephistofele non è più un personaggio, ma uno stato della mente che mina la nostra vita e trova appagamento solo nella nostra fine. Nel secondo valzer le forma ciclica cede il posto a una chiusa indefinita. C’è poco spazio per il dramma: l’atmosfera è rarefatta, regnano mera esaltazione, sardonico livore. Conclude questo viaggio nel demoniaco, che si rifà al Faust di Lenau a cui Liszt si è ispirato, un brano dedicato a una ragazza morta di tifo un secolo fa. Era una mia antenata, si chiamava Antonietta e sognava di fare la musicista. Poco prima di morire vedeva le rondini, era in preda ad allucinazioni, di quelle vere, che non ti tormentano, ti annientano. La morte non come topos letterario o spunto poetico, ma come perdita, disfacimento, fine. Il diabolico diventa macabro, un valzer macabro, in una dimensione altra, in cui Antonietta, Nené, finalmente può danzare, da sola, goffamente. La sua dichiarazione di poetica è una quinta giusta, lenta, straziante, che alla fine di questa danza macabra, si riversa nelle impietose tenebre. (M. G. Mariani)

Recital pianistico

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