Il passaggio dal diciannovesimo al ventesimo secolo è un momento di grande fermento, in particolare per la musica. I tentativi di andare oltre la tona- lità, sono molteplici e puntano in varie direzioni. Tutto è in movimento: al cromatismo diffuso che aveva permeato il Tristan und Isolde di Wagner, producendo un senso di perenne sospensione si aggiungono, tra l’altro, l’armonia di Skrjabin – basata su intervalli di quarta – , la scala esatonale di Debussy – che non distingue più tra toni e semitoni –, l’uso di due tonalità sovrapposte, allargatosi poi fino ad arrivare alla politonalità e alla atonalità… Le dissonanze, che per gli antichi dovevano sempre essere preparate e poi risolte con una consonanza, acquistano uno status indi- pendente; gli accordi si ampliano progressivamente fino a diventare dei “grappoli” indeterminati – i cluster –, la possibilità di usare scale nuove si arricchisce con l’introduzione di microintervalli: non più toni o semitoni, ma anche quarti di tono, sesti di tono e altro. Su questo panorama bruli- cante irrompe poi “l’urlo” dei Futuristi e la loro Arte dei rumori…
Arnold Schoenberg aveva già contribuito a questo fermento, per esempio nel Quartetto op.10 ai quattro archi consuetudinari aveva aggiunto un soprano e eliminato alla fine anche le “alterazioni in chiave”, quei diesis e bemolle che tradizionalmente indicavano la tonalità di un brano. Allargherà poi la tavolozza della voce stessa con lo sprechgesang – una forma di reci- tazione intonata, o di canto parlato – cui aggiungerà anche il concetto di klangfarbenmelodie, una forma di melodia fatta di suoni/colore.…
Ma è intorno agli anni Venti che comincia a presentare i primi lavori composti secondo il nuovo metodo che stava mettendo a punto: la dodecafonia, un sistema “liberato” i cui i dodici suoni della scala non sono più assoggettati alla gerarchia di una tonalità, ma si pongono in relazione “democratica” soltanto tra loro e secondo procedimenti in parte derivati dalla musica del passato: una vera sintesi di secoli di storia musicale e un’apertura sul futuro ricca di possibilità.
A Francesco Pavan il compito di spiegare, a un pubblico allargato quali siano questi procedimenti e quali potenzialità abbiano in sé, nonché quale deter- minante impatto abbiano avuto sulla musica del Novecento.
Giovanni Mancuso trasforma infine la lezione in una performance, presentando gli esiti di un laboratorio creativo in cui i giovani allievi sono stati solle- citati a elaborare in modo creativo le suggestioni derivanti dall’uso fantasioso del numero magico… il 12.
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