Ferruccio Busoni, ebbe tre intensi e duraturi ‘innamoramenti’: la musica di Bach negli anni di formazione e nella giovinezza, quella di Liszt nel periodo maturo; il nuovo ‘volto’ dell’ultimo stile busoniano nasce invece da un’autentica devozione per Mozart.
Questo concerto presenta almeno due di queste figure: Bach con la versione came- ristica della Fantasia cromatica e Fuga BWV 903, Mozart con il Divertimento op. 52 per flauto e piccola orchestra, che fa parte – insieme a Romanza e Scherzoso, per pianoforte e al Concertino op. 48 per clari- netto – di una trilogia di opere concertanti che onorano la chiarezza e la concisione mozartiane. L’anima lisztiana, di Busoni è qui rappresen- tata dal Figaro di Mario Castelnuovo Tedesco, ove l’autore si diverte a sfocare i materiali rossiniani con gesto istrionico e pungente ironia.
Moderno è ciò che si lascia sedurre dalle inesauribili possibilità di interpretazione dell’antico: «Proponiamoci dunque di ricondurre la musica alla sua essenza primitiva [...] facciamo che sia pura invenzione e sentimento nell’armonia, nella forma, nei timbri». La musica del passato non costitu- isce dunque oggetto di culto o di indagine archeologica, in una visione liberata da «dogmi architettonici, acustici, estetici» diventa slancio propulsivo verso il nuovo.
«A Toledo Nono lesse sul muro di un chiostro del 1300: "Caminantes no hay que caminar". O voi che camminate, non vi sono strade, c’è da camminare; non esistono percorsi segnati, strade certe e sicure, c’è la ricerca incessante, quella di Wanderer o di Prometeo.» Così Paolo Petazzi nel catalogo de La Biennale di Venezia 1992-93. Ed è sconvolgente per noi rilevare come l’inquietudine, la frammentarietà, l’ansioso e incessante interrogarsi, l’aprirsi a sospensioni e incantamenti a cui approdò Luigi Nono nelle sue ultime opere sia tanto vicina a quella «riconquista della serenità» di cui parla Busoni nel 1920 dal suo esilio zurighese: «il sorriso del saggio, della divinità: musica assoluta».
Altra declinazione del medesimo spaesamento dell’ultimo periodo creativo di Luigi Nono è la musica di Franco Donatoni della sua prima stagione creativa. Etwas ruhiger im Ausdruck, brano nato da una semplice cellula schönber- ghiana, abbandona ogni direzionalità, ammutolisce nel disagio di un perenne pianissimo, la cui immanenza l’autore spezza solo con timidi slanci offrendoci un condensato di sublime sensualità e tenue – ma sottotraccia disperata – espressività.
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