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Coro della S.A.T.
Mauro Pedrotti

Borgo d'Anaunia (TN)
Palanaunia, Fondo [Mappa]
sabato 20 luglio 2024
ore 17:00

Programma

Canti tradizionali

Artisti

Rassegna

Omaggio all'Arte pianistica di Arturo Benedetti Michelangeli 2024

Informazioni

INGRESSO GRATUITO
Informazioni: APT Val di Non - tel. 0463-830133 www.visitvaldinon.it

I canti tradizionali proposti in questo concerto provengono sia dal Trentino, sia da altre regioni dell’Italia settentrionale. “Vuoi tu venire in ‘Merica”, malgrado l’apparente letizia della melodia, in realtà esprime il dolore del migrante tridentino per il distacco dalla donna amata. “L’è tre ore che son chì soto” è una vivacissima serenata dello stesso territorio. “La smortina” è un canto piemontese in cui una pallida fanciulla confida che il matrimonio le ridarà gioia e salute. “Era nato poveretto”, appartiene alla tradizione lombarda e nell’armonizzazione di Arturo Benedetti Michelangeli accentua il suo sano buonumore.

Con “In mezzo al prato gh’è tre sorelle” si torna in Trentino: questo canto sviluppa il motivo dello spasimante che si dichiara alla sua bella, scelta fra tre sorelle. “Senti ‘l martello” riconduce al tema dell’emigrazione. “In cil’e jè une stele” è una villotta friulana, spesso intonata dai soldati durante la Prima Guerra Mondiale. “Vien moretina” è un’antica melodia proveniente da Piazzo (Vallagarina), in cui un innamorato chiama al taglio del fieno la sua morettina per godere con lei la libertà nell’aria buona di montagna: nella raffinata armonizzazione di Benedetti Michelangeli è illuminante l’indicazione di un pianissimo (con cinque “p”) nell’ultima battuta per evocare il dissolversi del suono nel silenzio. “La Dosolina” è un canto popolarissimo, un tempo prediletto dalle ragazze che lavoravano nelle filande.

Un’altra affascinante rielaborazione di Benedetti Michelangeli è “Serafin”, dal nome Serafino, anticamente assai diffuso in Val Rendena; non è un caso che in questo canto si chiami così anche il bello del paese, conteso da tutte le giovani donne. Forse non si intuisce subito l’irregolarità ritmica di questo canto popolare: è uno dei pochi brani in 5/4. L’elaborazione, abbastanza complessa, è particolarmente caratterizzata da un pedale ribattuto dei bassi sulla linea melodica affidata ai tenori, mentre i baritoni fungono da filtro tra le altre parti e, nel loro serpeggiare cromatico, tendono a fiorire il suono tenuto.

“Le carrozze” è un canto tradizionale della Val di Non: narra una vicenda di amore tradito con tanto di sanguinosa vendetta,  ma la vena poetica ed ironica del popolo riesce a trasformare la tragedia in farsa rendendo inattendibile e divertente il finale. “Gli aizinpòneri” erano gli operai della ferrovia che alla fine dell’Ottocento collegava Trento a Venezia passando per la Valsugana: il curioso termine del titolo deformava la parola tedesca “Eisenbahner”. “La mia béla la mi aspéta” è un antico canto della Val Camonica, riscoperto e diffuso dopo l’ultimo conflitto: si narra della disperazione del soldato costretto a separarsi dai propri affetti per affrontare l’incerto destino della guerra.

Alle tradizioni tridentine ci riconducono “Tanti ghe n’è”, “Gran Dio del cielo” e “Fila fila”. Quest’ultimo, che allude palesemente al caratteristico ritmo dell’arcolaio, è stato raccolto alla fine dell’Ottocento a Povo, una frazione di Trento. Il canto valdostano “Belle rose du printemps” sembra risalire perfino all’epoca trovadorica. La versione eseguita dal Coro della SAT fa parte, assieme a “Montagnes Valdotaines”, della colonna sonora del film-documentario “Italia K2”, realizzato nel 1954 per celebrare la spedizione italiana sulla seconda vetta del mondo.

Infine, il canto popolare trentino “Entorno al foch”, ancora nell’armonizzazione di Benedetti Michelangeli, esprime un sentimento atavico di profondo attaccamento ai ricordi più cari della vita familiare e disegna con immediatezza la tipica ritrosia della gente di montagna che nasconde dietro il paravento di un crudo realismo i propri sentimenti più profondi, sottolineati in maniera straziante dalla particolare modulazione della terza strofa. Il tutto in attesa della “minestra”. E quando questa è finalmente pronta, il grido fortissimo del coro: “…la bòie!” (bolle!), sembra quasi un risveglio, un triste ritorno alla realtà delle cose.

Corale

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