Aldo Clementi Madrigale. È un lavoro del 1979 per pianoforte preparato a quattro mani e due strumenti registrati (Glockenspiel e vibrafono) costruito a partire da due temi derivati dai nomi dei pianisti pAtrizio CErronE e guiDo zACCAGnini, interpretando le lettere dei nomi secondo la notazione anglosassone (A=la, C=do D=re E=mi G=sol) ed elaborando il materiale tematico secondo le classiche permutazioni contrappuntistiche seriali: moto retto, retrogrado, specchio e retrogrado dello specchio. Come è tipico della produzione matura dell’autore, Madrigale propone una indagine psicoacustica sul concetto di rallentando applicato a ripetizioni cicliche dello stesso materiale musicale. In partitura è indicato: “Il pezzo inizierà il più presto possibile e rallenterà insensibilmente sino alla fine”. All’epoca della stesura della composizione, l’autore chiese al CSC (Centro di Sonologia Computazionale dell’Università di Padova) di realizzare con la sintesi digitale due parti indipendenti in rallentando per accompagnare e guidare l’esecuzione dei due pianisti dal vivo. A causa dei limiti della tecnologia dell’epoca si ritenne impossibile portare a termine il progetto con il supporto dell’informatica musicale e Clementi decise di realizzare le parti-guida con un Glockenspiel e un vibrafono, registrando una esecuzione dal vivo con due interpreti. Anche per valenti esecutori rallentare insensibilmente una struttura musicale che inizia il più presto possibile è compito assai arduo, difficilmente realizzabile in modo soddisfacente senza un ausilio meccanico esterno; la registrazione effettuata all’epoca è dunque da considerarsi una realizzazione approssimativa dell’idea musicale, non pienamente aderente ai desideri dell’autore. Si è voluto quindi portare a termine - dopo più di trent’anni - il progetto originale di Aldo Clementi realizzando un ambiente esecutivo che permette ai pianisti di stabilire una velocità iniziale e una finale per il brano consentendogli parimenti di progettare una durata di Madrigale che consenta una perfetta impercettibile gradazione del rallentando.
Georg Friedrich Haas Ein Schattenspiel. Il titolo del brano ‘un gioco d’ombra’ riferisce alla struttura del live electronics, che si basa su un sistema di trasposizione microtonale fondato sulla progressiva riduzione del tempo di riproduzione di un dispositivo di ritardo. La procedura genera una particolare forma di canone: il segnale del pianoforte dal vivo viene registrato e riprodotto con un ritardo iniziale di 24 secondi; la riproduzione prosegue con una velocità leggermente superiore in modo da ottenere una trasposizione di circa un quarto di tono, in base al principio fisico noto come effetto Doppler. A causa della maggiore velocità di riproduzione, il ritardo tra il pianoforte dal vivo e la sua ‘ombra elettronica’ diminuisce gradualmente, fino ad esaurirsi totalmente alla fine del brano. Haas pone dunque l’esecutore costantemente di fronte al proprio passato, a ciò che ha appena suonato. Il brano usa figurazioni pianistiche idiomatiche e molto riconoscibili all’ascolto per favorire al massimo la percezione del ‘gioco d’ombra’. Nella prima sezione compaiono accordi staccati, forti e risonanti, che pongono in vibrazione suoni armonici nel registro medio; cascate di accordi con figurazioni asimmetriche discendenti abilmente studiate per generare specifici campi armonici nella sincronia con le loro iterazioni ritardate. Una terza sezione invita il pianista a improvvisare trilli, tremoli, accordi: le altezze sono però sempre precisate allo scopo di creare – sfruttando le riproposizioni dei materiali – dense strutture che man mano saturano l’intero spazio pancromatico. Le medesime strutture armoniche sono riproposte mediante ossessivi accordi ribattuti. Una quarta sezione cambia completamente lo scenario sonoro. In questa fase del brano (nella quale gli iniziali 24 secondi di ritardo si sono già parzialmente ridotti) compare una frase melodica – prima ascendente, poi ascendente- discendente – armonizzata inizialmente mediante intervalli diminuiti, poi introducendo bicordi e triadi consonanti. Tale frase, in una prima esposizione presentata ad hoquetus nel gioco del solista con il suo ‘doppio’, man mano sviluppa un canone sempre più stretto per effetto della continua diminuzione del ritardo tra le parti. Armonicamente si sviluppa una anomala forma di politonalità densa di miscele microtonali, data la presenza di triadi tonali allo stato naturale alle quali si sovrappongono triadi trasposte elettronicamente. I ‘punti di volta’ delle frasi sono abilmente studiati per invitare a un fraseggio pianistico naturale e ben riconoscibile, elemento che favorisce la percezione della struttura a canone. Nella quinta e ultima sezione vengono riprese le strutture ad accordi ribattuti che conducono alla fine del brano mediante un parossistico crescendo di cluster nei registri estremi dello strumento. Sul piano performativo la sfida principale per il pianista è quella di trovare un’articolazione metrica di una certa libertà e respiro fraseologico all’interno della griglia temporale imposta dal sistema di ritardo.
Ivan Fedele Varnelis Variations. Kazys Varnelis (1917-2010), artista lituano, anche collezionista e bibliofilo. Riconosciuto maestro della ‘optical art’, ricerca nelle sue opere la raffigurazione simbolica di un campo visivo tridimensionale. Ha sviluppato uno stile pittorico che unisce elementi del costruttivismo, dell’astrazione geometrica, della pop art, con l’immissione di tratti decorativi legati all’antica tradizione popolare lituana. Si è formato in patria e a Vienna (1941- 43), stabilendosi negli Stati Uniti a partire dal 1949. Tornato in Lituania nel 1998, ha trasferito le sue opere d’arte, le sue collezioni (tra cui 300 antiche mappe e preziosi manufatti lituani arcaici) e la sua biblioteca (9000 volumi) in un edificio di Vilnius che, dal 2003, è diventato la ‘Casa-museo di Kazys Varnelis’, attualmente parte del museo nazionale lituano. Nel 2023, nel contesto dei festeggiamenti per i 700 anni della città di Vilnius, Ivan Fedele viene invitato a scrivere un nuovo brano per pianoforte ed elettronica e sceglie di ispirarsi alle opere di Kazys Varnelis. Così l’autore descrive la sua opera: «Trovo che l’opera di Varnelis sia particolarmente interessante per un compositore, poiché la dimensione astratta nonché le illusioni ottiche che induce possono stimolare la creatività musicale in modo originale e intrigante. E così è stato nel mio caso. Le Varnelis Variations sono una raccolta di brevi pezzi per pianoforte e live electronics divisi in due gruppi, quelli in “bianco e nero” e quelli “cromatici”. Quelli in bianco e nero utilizzano un linguaggio armonico meno colorato di quello cromatico sfruttando esclusivamente l’alternanza e/o la sovrapposizione di gruppi di note bianche e nere. Quelli cromatici invece sono decisamente più “colorati” timbricamente, facendo riferimento a campi armonici più connotati. Dal punto di vista formale, invece, ho optato per la ricorsività dei pattern e delle figure, parafrasando così i processi “minimalisti” di Varnelis. Il live electronics ha il compito di realizzare ed enfatizzare tutte le microsfumature, le ombre e i trompe l’oeil presenti nelle opere del Maestro».
Luciano Berio Memory. Per due pianoforti, scritto nel 1972 e dedicato a Peter Serkin, ha conosciuto diverse versioni. La prima per pianoforte e tastiera elettronica, la seconda per due pianoforti, e una terza, del 1973, che ora costituisce l’inizio del mio Concerto per due pianoforti e orchestra. In effetti, il tessuto e la materia armonica di Memory sono plasmabili: possono prendere direzioni diverse e assumere diverse forme. Possono anche recare fuggevoli tracce di gesti lontani nel tempo. [Luciano Berio]
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