Orazio Sciortino

Nella sua breve vita non ebbe modo di allontanarsi se non di pochi chilometri dalla natia Vienna, eppure Schubert nell’immaginario collettivo incarna l’idea del Wanderer, del viandante che vorremmo come compagno di viaggio per attraversare le gioie e i dolori dell’esistenza. Il paradosso in realtà è solo apparente, perché ciò che conta non è certo quanti chilometri si possano o si vogliano lasciare alle proprie spalle, bensì la capacità o meno di pensare al viaggio come esperienza alla quale sentiamo di essere comunque predisposti, per non dire predestinati, così che si può essere grandi viaggiatori anche solo intorno alla propria stanza o, come nel caso di Schubert e di Orazio Sciortino, sulla tastiera di un pianoforte. In Schubert, oltre che in molte delle sue più note e commoventi ispirazioni liederistiche, dal tragico Wanderer del 1815, all’estremo viaggio d’inverno del 1828, riconosciamo l’anelito al wandern anche nella peculiarità dei suoi percorsi armonici, instabili e spiazzanti quant’altri mai, e nella espansione potenzialmente infinita delle sue strutture formali. Le passeggiate immaginarie di Sciortino trasfigurano in elegante, espressiva bellezza la non lieta occasione che li ispirò, ovvero il lockdown anti-covid del 2020. E Haydn? Cosa c’entra con i viandanti il più “stanziale” dei compositori, colui che per trent’anni quasi non si mosse dalla operosa quiete presso gli Esterhazy? Ebbene a un certo punto iniziò a viaggiare anche lui, così che la Sonata Hob. XVI/52 scelta per noi da Orazio Sciortino fu composta nel 1794 durante il secondo dei suoi trionfali soggiorni londinesi.